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Soundgarden – Superunknown (1994)

Autore | Federico Fea

Prima della morte di Cobain, prima che il grunge implodesse, usciva un album eccezionale prodotto da una band che era l’unica ad essere riuscita a migliorarsi costantemente uscita dopo uscita, sempre fedele a se stessa e per questo mai uguale. Da Screaming Life a Badmotorfinger non c’era stato un solo passo falso con ogni album successivo che migliorava il primo. Superunknown nel 1994 fa ancora meglio: tocca lo zenith compositivo assoluto. Impreziosito da un songwriting eccezionale, con testi che mai avevano rivelato così tanto del mondo tormentato di Cornell, l’album contiene alcune delle tracce più belle mai scritte nella storia del rock. Ritmi pazzescamente dissonanti, ma melodici e ipnotici tipici del loro repertorio si susseguono senza soluzione di continuità miscelandosi ai sapienti assoli e tocchi psichedelici di Thayl, con la voce di Cornell che non ha più bisogno di urlare rompendo i microfoni, ma le basta adeguarsi al pantano delle chitarre per emergere (Fell On Black Days, Spoonman, Like Suicide). Non mancano momenti più classici, come la title-track, ma questa volta i Soundgarden hanno deciso di giocare la carta del contrasto e allora ecco la voce di Cornell che passa dai toni più bassi ai suoi acuti al vetriolo nel giro di pochi secondi (Black Hole Sun, The Day I Tried To Live). Se è vero che il grunge non esiste, cosa che potrebbe anche essere dal momento che più che lo stile musicale la parola indicherà la musica di una zona specifica dell’America, qua possiamo tranquillamente dire di trovarci di fronte alla perfetta rappresentazione di cosa vuole dire suonare hard rock moderno. Melodia, tempi dispari, psichedelia e velocità miscelate sapientemente con le ultime grandi prove della voce più bella e iconica degli ultimi 40 anni: ecco a voi la ricetta per un capolavoro.

Voto: 10

Giudizio: La perfezione